Estratto de “Il Protestantesimo italiano e le Chiese cristiane dei Fratelli“
Ricerche effettuate dal dott. Marco Cassioli negli anni 1997-1998, pubblicate con il consenso dell’autore.
L’arrivo dei primi predicatori evangelici sul territorio dell’attuale provincia di Asti risale agli anni Cinquanta del XIX secolo. A quell’epoca le leggi dello Stato sardo, pur proclamando la tolleranza dei culti non cattolici, si prestavano ad impedirne di fatto il libero esercizio. Con la connivenza delle autorità, quindi, diversi furono i tentativi di linciaggio nei confronti di predicatori protestanti.
A Piea, nel luglio 1854, vi fu una sollevazione contro il piccolo gruppo di evangelici che andava formandosi in paese e in agosto, due membri della Chiesa di Torino giunti per visitare i nuovi convertiti furono arrestati su ordine del sindaco.
A Castelnuovo d’Asti, nel febbraio 1857, avvenne un vero e proprio tumulto sedato dall’intervento dei carabinieri e nel capoluogo, nel marzo 1857, un’adunanza valdese in casa dell’evangelizzatore Secondo Musso fu interrotta dal lancio di sassi contro le finestre, seguito dall’arrivo dell’intendente di polizia, non del tutto favorevole agli aggrediti.
Viceversa, proprio al principio del 1857 il Mazzarella fu invitato dal sindaco di Asti, Ignazio Berruti, a tenere in città una serie di pubbliche conferenze. Le ragioni di questo invito vanno forse ricercate anche nei pessimi rapporti che intercorrevano fra il municipio ed il vescovo. Nel 1847 monsignor Filippo Artico era stato accusato di gravi molestie sessuali nei confronti di un chierico e in seguito, inviso ormai all’opinione pubblica ed attaccato dalla stampa anticlericale, si era ritirato nel palazzo di Camerano.
Nell’ottobre 1856, sparsasi la voce di un suo imminente ritorno in Sede, il consiglio comunale presieduto dal sindaco Berruti, temendo il rinnovarsi delle agitazioni popolari che ne avevano preceduto la partenza, gli aveva intimato di abbandonare la diocesi o almeno di non tornare in Asti. Nei mesi successivi, il periodico locale “Il Cittadino” non perse occasione di rivangarne le spiacevoli vicende e alla fine del 1857 monsignor Artico fu costretto a dimettersi.
Com’era prevedibile, le conferenze del leader evangelico suscitarono negli ambienti cattolici proteste ed indignazioni. Il professor Giulio Nazari scrisse un opuscolo per confutare le idee religiose propugnate dal Mazzarella, mentre il giornale locale “La Curia” pubblicò a puntate un anonimo “vaudeville teologico” intitolato Un apostolo in Asti, la cui morale era che tra Mazzarella e Nazari… hanno torto tutti e due.
Nel 1858 la piccola comunità valdese di Asti, diretta da Secondo Musso, aderì alle Chiese cristiane libere e dal 1859 il capoluogo divenne centro dell’attività evangelica di Cesare Magrini e successivamente di Camillo Minetti. Il Minetti fu spesso coadiuvato dal Rossetti, che nei primi anni Sessanta operava anche ad Alessandria, Brescia, Spinetta Marengo e Torino. La presenza dei protestanti dovette impensierire non poco le autorità ecclesiastiche: nel febbraio 1861, infatti, il vicario capitolare Antonio Vitaliano Sossi mise in guardia i suoi fedeli dal prestare orecchio ai lusinghieri discorsi degli eretici, dal metter piede nelle conventicole dei medesimi, dal contrarre con essi relazione o domestichezza di sorta.
L’opposizione cattolica, tuttavia, non valse a frenare lo slancio missionario dei Fratelli: nel 1871 gli evangelici presenti nel comune di Asti erano venticinque, nel 1911 ottanta, nel 1931 novantuno. Fra gli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento, inoltre, grazie all’apostolato di Dionigi Magnani, nuclei di protestanti si formarono a Camerano, Chiusano, Cinaglio, Montemarzo e San Marzano Oliveto. Si trattava di gruppi di una ventina di membri, soprattutto contadini, spesso in lite col parroco o con l’ambiente locale.
Tra il 1884 ed il 1898 nuove comunità nacquero ad Agliano, Belveglio, Calliano, Calosso, Casorzo, Castelnuovo Belbo, Cortandone, Incisa Belbo, Maretto, Mombercelli, Monfallito, Montafia, Montaldo Scarampi, Montegrosso, Nizza Monferrato, Refrancore, Sessant, Vigliano e Vinchio ad opera di evangelizzatori come Franceso Bianchi, Luigi Bosco, Angelo Buraghi, Celestino Gallo, Battista Monti e Felice Vacchetto. Alcuni dei suddetti gruppi raggiungevano la cinquantina di componenti.
Alla fine del XIX secolo, dunque, su oltre sessantacinque Assemblee presenti nel nord Italia, ben venticinque erano localizzate sul territorio dell’odierna provincia di Asti. La vicinanza con Alessandria e Spinetta Marengo, due fra i principali centri italiani di diffusione evangelica, e a partire dagli anni Ottanta l’appoggio, anche finanziario, dei Fratelli inglesi favorirono senza dubbio la nascita e lo sviluppo di queste Chiese.Nell’Astigiano, come altrove, grande fu lo sforzo profuso dai missionari per debellare la piaga dell’analfabetismo e permettere così ai contadini di leggere la Bibbia in traduzione italiana.
Possiamo immaginare che […] nelle campagne piemontesi gli agricoltori, così fieri della loro indipendenza di piccoli proprietari, abbiano trovato nello studio comunitario della Bibbia una ragione di vita e di speranza, tanto più che quella lettura biblica risultava dominata dall’interesse profetico per una società che si annunciava in via di cambiamento […]. La natura stessa di queste comunità agricole le serrò, tuttavia, in un loro mondo particolare, senza possibilità di scambi con altre esperienze religiose; l’attesa escatologica, unita al conservatorismo tipico dei contadini, le chiese spesso alle forme del progresso.
Una scuola “quotidiana” con dodici alunni ed una “domenicale” erano già attive in Asti nel 1858 e nei decenni successivi ne sorsero anche a San Marzano Oliveto, Mombercelli e Casorzo. La scuola, così come le riunioni, si tenevano in case private o in stanza in affitto. Il primo locale di culto costruito in provincia, ed anche uno dei primi quattro in Italia, fu quello di Mombercelli (1914).Ad Asti, in origine, gli evangelici solevano radunarsi nelle reciproche abitazioni.
A partire dal 1918 cominciarono ad incontrarsi stabilmente in casa Borgnetti, in via Toti. Dal 1926 al 1931 affittarono una stanza in via Morelli e nel 1932 acquistarono una sala in via Carlo Emanuele I, oggi via Pietro Micca, dove si riunirono fino al 1945. In seguito, gli incontri si tennero in una villetta di proprietà dell’Ente Morale di Firenze, in via Parini, finchè l’edificio venne abbattuto per far posto all’odierno locale di culto (1957).
Durante il Fascismo, anche nell’astigiano si verificarono episodi di intolleranza nei confronti dei Fratelli: nell’agosto 1934, ad esempio, le autorità impedirono una riunione a Frinco, nell’aprile 1935 diffidarono alcuni predicatori dallo svolgere attività religiosa e nei mesi successivi chiusero tutte le Assemblee. La situazione si normalizzò soltanto dopo che i protestanti ebbero accettato di nominare ministri di culto, come Giovanni Ratti ad Asti, Cornelio Arzani a Casorzo e Corrado Sconfienza a Mombercelli. Quest’ultimo (1903-1986), nato da famiglia cattolica, si era convertito al protestantesimo intorno ai diciotto anni e in seguito affiancò alla propria attività di agricoltore il ministero pastorale all’interno della sua Chiesa.
Paradossalmente, durante il Fascismo la presenza evangelica nella zona crebbe ancora, con la nascita delle comunità di Canelli (1925) e Castagnole Lanze (1930). Fino al 1939, inoltre, i Fratelli di Asti tenevano ogni anno, in estate, un’agape ed una riunione battesimale sulle rive del Tanaro, in regione Trincere, a cui prendevano parte anche le Assemblee dei paesi vicini. La tradizione fu interrotta dallo scoppio del secondo conflitto mondiale e la prima agape del dopoguerra si tenne nel 1950, nella palestra della caserma Colli di Felizzano.
Nei decenni immediatamente successivi, specie a causa del grande esodo contadino dalle campagne, molte delle Chiese presenti sul territorio provinciale si estinsero; altre, sopravvivono ad Asti (la più numerosa, con almeno centocinquanta membri), Canelli, Casorzo, Castagnole Lanze, Cortandone, Incisa Scapaccino, Mombercelli e Montemarzo.